A pochi minuti dall’Agriturismo Grabbia, si trova la casa di Arlecchino ubicata all’interno di Palazzo Grataroli nel borgo di Oneta ed è di proprietà del Comune di San Giovanni Bianco.
Appena sopra l’abitato di San Giovanni Bianco, percorrendo la vecchia strada che conduce ad Oneta, storicamente è collocata la casa natale di Arlecchino, in un piccolo borgo composto da un pugno di case antiche, alcune delle quali restaurate nel rispetto della struttura originaria, che contribuiscono a dare alla contrada un’atmosfera d’altri tempi. Percorrendo le anguste vie porticate, sui cui si affacciano rustici portali in pietra, ballatoi in legno intagliato, strette finestre protette da inferriate, si ritorna indietro nel tempo in un’atmosfera quasi da favola. Nel centro dell’antico villaggio c’è la chiesetta del Carmine, che custodisce alcune tele del Ceresa e vari affreschi: una deliziosa Madonna con Bambino collocata in sagrestia e altri soggetti effigiati sulle pareti dell’austero porticato, tra cui un San Giovanni Battista e un grande San Cristoforo, posto a protezione dei viandanti lungo la via Mercatorum.
Il Borgo di Oneta è formato da un gruppetto di belle case antiche, molte delle quali, ben restaurate, presentano ancora la secolare struttura ad archi ed accolgono il visitatore in un’atmosfera d’altri tempi, tra strette vie, selciati pietrosi, oscuri porticati, ballatoi in legno intagliato, strette finestre protette da inferriate.
La casa d’Arlecchino ha reso famoso questo incantevole borgo quattrocentesco, e si trova in contrada di Oneta. Il palazzo apparteneva in origine alla potente famiglia locale dei Grataroli i cui componenti vantavano ricchezze e fortune acquisite a Venezia e avevano poi voluto nobilitare l’edificio di Oneta quasi ad ostentare in patria, con questo segno tangibile, il livello della potenza raggiunta.
La tradizione che identifica Oneta come patria, prima degli zanni e poi di Arlecchino, può ben essere inserita nelle vicende della nobile famiglia Grataroli. Va considerato, infatti, che gli zanni (dei quali rimangono qui ancora le tracce nel cognome di diverse famiglie), vestivano sulle scene veneziane i panni del servo balordo e opportunista, ruolo comunemente attribuito ai valligiani brembani che affollavano la città lagunare svolgendo i lavori più faticosi.